La storia di Harouna: “La lingua e la comunicazione sono fondamentali, l’integrazione inizia così”.

Intervista a Harouna, le sfide e i progetti di un ragazzo del Mali a Viterbo

Incontriamo Harouna, ha 25 anni appena compiuti e la prima cosa che notiamo è forse anche la più importante: è senza interprete. Vuole farcela da solo, perché studia italiano e solo così, applicandosi, può impararlo davvero. “La lingua e la comunicazione sono fondamentali, l’integrazione inizia così”. Ed è proprio per l’impegno per imparare la lingua e per la sua determinazione che raccontiamo la sua storia.

Harouna arriva dal Mali ed è inserito nei progetti di accoglienza di richiedenti asilo di Arci Solidarietà Viterbo onlus dal 2014, ha una capacità linguistica invidiabile, studia italiano, fa il volontario del Servizio Civile presso la mensa della Caritas Diocesana di Viterbo e svolge alcuni lavori. Dopo la scuola di italiano dell’Arci, in accordo con il Cpia (centro provinciale per l’istruzione degli adulti) è stato individuato per ogni persona un percorso di lingua più adatto. Harouna, avendo un livello già alto, è potuto accedere in terza media dopo aver superato un test di lingua. Ma non va tutto bene, sul suo futuro c’è un grosso punto interrogativo: è richiedente asilo da anni e da anni aspetta una risposta definitiva al proprio ricorso.

Che hai fatto in questo periodo?

“Grazie all’Arci ho fatto tante cose, come un tirocinio di tre mesi presso la COOP di Civita Castellana. È stato molto interessante perché ho lavorato per tre mesi con italiani ed è stato importante per iniziare a integrarmi. Così ho fatto anche delle amicizie, mi chiamano per prendere un caffè. Se ti comporti bene, ti apprezzano. Se mi comportassi male, non mi chiamerebbero più”.

Durante il tirocinio Harouna hai fatto dei corsi per la sicurezza sul lavoro. Altro passaggio fondamentale.

“Siamo richiedenti asilo e dobbiamo costruirci un futuro. È importante comportarci come gli italiani. Ora grazie a Dio e all’Europa non paghiamo l’affitto, ma la vita non può continuare così. Dobbiamo poterci pagare l’affitto e avere un lavoro”.

Ora l’opportunità del Servizio Civile.

“Sì, grazie agli operatori dell’Arci che mi hanno segnalato l’occasione, faccio il volontario per il Servizio Civile alla mensa della Caritas Diocesana di Viterbo. È importante fare queste esperienze. Poi la vita continua, spero anche di trovare qualche lavoro. Sono contento perché così imparo l’italiano, è una esperienza nuova e capisco come interagire con gli italiani”.

Una parte importante del tuo percorso è la lingua. Quanto studi?

“Ho fatto la scuola di italiano con Arci, poi ho preso un attestato di conoscenza della lingua e ora sono in terza media”.

La competenza linguistica è invidiabile. Parli con semplicità in italiano, quanto è importante per te?

“È la cosa più importante, senza comunicazione e senza conoscere la lingua è come essere muti”.

Hai studiato tanto?

“Sì tantissimo, ma non solo a scuola. Quando sono arrivato nel mio appartamento si guardava in televisione il canale France24 e io invece ho detto a tutti che bisognava guardare RaiNews24 perché siamo in Italia. Ora guardiamo anche i film in italiano, a volte non capiamo tutte le frasi, ma capiamo il senso. Per integrarci dobbiamo leggere giornali, guardare tv in italiano, capire come vanno le cose qui. Ora i miei amici lo hanno capito e lo fanno anche loro”.

Cosa ti aspetti dal futuro?

“Al momento sono richiedente asilo in attesa che il tribunale risponda al ricorso fatto. Ora è difficile pensare al futuro perché se il risultato è negativo devo andare via. Abbiamo fatto due udienze, cinque mesi di attesa e ancora non ho il risultato. Se avrò il documento continuerò la scuola e farò qualche lavoro. Se lavorerò la mattina, andrò a scuola la sera. Se lavorerò la sera, studierò al mattino. Per me è un po’ difficile perché non è la mia lingua, però va bene”.

Hai trovato difficoltà ad ambientarti a Viterbo?

“Può darsi che è solo un caso della vita, però ho trovato un po’ di pregiudizio. Qualcuno pensa che tutti rubiamo, ma non è così. Una volta distribuendo locandine una signora si è spaventata, ma volevo solo chiedere dove si trovava un posto. Se non trovo lavoro non voglio mendicare, voglio trovare lavoro e sennò andrò via. Se non lo trovo a Viterbo, andrò a Napoli, a Milano, in Sicilia. Se non c’è, vado in un altro paese. Comunque mi sono trovato bene con le persone. A Montefiascone ci siamo anche organizzati per aiutare a pulire la città e abbiamo fatto volontariato”.

Vorresti più opportunità? È sufficiente quello che fanno le istituzioni?

“Fanno tanto, ma l’integrazione senza documenti è difficile. Ora mi integro con gli italiani, ma se dopo due anni ci dicono di andare via? Vorrei continuare qui così, va benissimo e al momento voglio stare qui. Nel mio paese succedono tante cose, c’è corruzione, anche nella polizia, è difficile. Succedono tante cose che non vengono raccontate, quindi vorrei rimanere qua”.

Cosa significa integrazione, per te?

“Rispetto degli altri, per essere rispettati. Integrazione è soprattutto conoscenza, amicizia, opportunità di lavorare e capire come vivono gli italiani per iniziare a comportarmi come loro. Ringrazio per questo quelli che lavorano all’Arci perché mi aiutano in tante cose”.

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